Il Rito Civile
Il Rito Civile
Tutto secondo la legge: le scadenze, i documenti, le formalità da espletare. E qualche suggerimento rubato al galateo per trasformare un rito sintetico in un momento di commozione
Spesso la sala comunale, troppo austera e sobria, desta qualche perplessità circa la cornice emotiva che gli sposi immaginano e desiderano. Ma, con le dovute autorizzazioni, anche la sala comunale più spoglia può regalare la giusta atmosfera grazie a un accompagnamento musicale adeguato e a delicati addobbi floreali (per esempio, piccoli bouquet legati alle sedie degli sposi e dei testimoni e due grandi cesti ai lati del tavolo dell’officiante).
La sposa entra nella sala comunale al braccio sinistro del padre, se vuole indossando l’abito bianco, anche se è sconsigliato completarlo con il velo o avere uno strascico troppo lungo, e stringendo tra le mani il bouquet. Ad accoglierla, i parenti e gli invitati, disposti appena dietro le sedie degli sposi (a sinistra quelli di lei, a destra quelli di lui), e ad attenderla, lo sposo, in piedi accanto al tavolo dove il consigliere comunale o il sindaco celebrerà il matrimonio. Alla fine del rito, gli sposi lasciano la sala comunale al suono (se lo desiderano) della marcia nuziale e sotto il tradizionale lancio del riso.
I documenti
Con l’entrata in vigore della Legge Bassanini 13/5/97 n.127 sull’autocertificazione, il percorso per procurarsi i documenti si è molto snellito. Infatti, è l’Ufficiale di Stato Civile del comune in cui risiede uno dei due sposi ad acquisirli d’ufficio. Per l’apertura della pratica è sufficiente che i due sposi si presentino con la propria carta d’identità presso l’Ufficio di Stato Civile del comune nel quale desiderano sposarsi: dopo
aver steso una dichiarazione su carta semplice o compilato un modulo prestampato e dichiarato apertamente di volersi sposare, la pratica viene chiusa con l’affissione delle pubblicazioni per otto giorni, comprendenti due domeniche successive e tre giorni di deposito, nel comune di residenza di entrambi gli sposi e nei
comuni dove hanno abitato nell”ultimo anno.
Scaduti i termini, si ritira il certificato di nullaosta da presentare all’Ufficiale di Stato Civile. Entro 180 giorni dalle pubblicazioni, il matrimonio deve essere celebrato, altrimenti bisogna ripercorrere tutto l’iter burocratico.
Se uno o entrambi gli sposi sono divorziati, è necessario presentare l’atto civile del precedente matrimonio, rilasciato dal comune sotto autorizzazione della Procura della Repubblica dove è annotato lo scioglimento
del precedente vincolo matrimoniale, corredato da una fotocopia. Per i divorziati stranieri, sono necessari il
nullaosta consolare, con relativa fotocopia, e la legalizzazione della firma del Console da parte della
Prefettura di Roma, ma solo se il paese che lo rilascia non appartiene all’Unione Europea (UE).
Requisiti di legge
Per contrarre matrimonio, la legge richiede:
• il compimento del 18° anno d’età per entrambi gli sposi; chi ha compiuto 16 anni può contrarre matrimonio dopo che il giudice del Tribunale per i Minori ha accertato la maturità psichica del minore e rilasciato l’autorizzazione;
• la sanità mentale;
• la libertà di “status”, cioè la mancanza di un vincolo derivante da un precedente matrimonio che abbia ancora effetti civili (la donna deve comunque attendere almeno 300 giorni dallo scioglimento o dall’annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio per escludere eventuali gravidanze da attribuire alla precedente unione);
• l’inesistenza di rapporti di parentela o affinità tra gli sposi.
Sposare uno straniero
È necessario richiedere all’autorità consolare o all’ambasciata del paese di provenienza il certificato di capacità matrimoniale, da presentare insieme al passaporto e al certificato di nascita. Se il Paese di provenienza di uno degli sposi è extracomunitario, è richiesta l”autentica della firma sul certificato di nullaosta presso gli uffici della Prefettura.
Quando una cittadina straniera sposa un italiano, può usufruire delle leggi vigenti nel suo paese per l’adozione del cognome: infatti, contrariamente alla legge italiana per la quale la moglie può usare liberamente il cognome del marito, ma senza doverlo acquisire, in alcuni paesi è necessario un particolare iter che culmina con la presentazione della documentazione e la dichiarazione richiesta al proprio consolato.
I Paesi europei hanno stipulato una Convenzione secondo la quale il matrimonio viene trascritto automaticamente nel Paese d’origine. Per i Paesi che non hanno aderito alla Convenzione è necessario ottenere un certificato di matrimonio plurilingue per abbreviare i tempi della trascrizione.
Per quanto riguarda il regime patrimoniale, regolato da alcuni articoli della legge 218 di Diritto
Internazionale Privato, solitamente vige la legge del paese nel quale gli sposi risiedono.
Il rito
Il rito civile è molto breve ed essenziale: in una ventina di minuti, gli sposi affiancati dai testimoni si dispongono di fronte al sindaco o a un Ufficiale di Stato Civile appositamente incaricato che legge gli articoli
143-144-147 del Codice Civile, rivolge la tradizionale domanda “Vuoi tu…” sia a lui che a lei, porge gli anelli per lo scambio, firma e fa firmare agli sposi e ai testimoni il registro comunale.
Il ruolo dei testimoni
Secondo la legge, i testimoni, maggiorenni, devono essere almeno due, uno per la sposa e uno per lo sposo, ma nulla vieta che siano quattro o sei. Il loro ruolo non è solo formale, ma anche simbolico, per questo vanno scelti tra le persone – amici o parenti – particolarmente vicine alla coppia. Tra i loro compiti, quello di consegnare le fedi nuziali al celebrante il giorno del matrimonio e quello di firmare l”atto di matrimonio, insieme agli sposi, alla fine della celebrazione.
Comunione o separazione dei beni
Con la celebrazione del rito civile, come previsto dagli articoli della legge sul diritto di famiglia che regolano il regime patrimoniale, gli sposi devono decidere anche il loro regime patrimoniale: devono comunicare se intendono scegliere la comunione o la separazione dei beni. Nel caso in cui non venga fatta alcuna richiesta,
risulta d’ufficio che la coppia ha scelto la comunione dei beni: tutti i beni acquistati dopo il matrimonio diventano di proprietà di entrambi.
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